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Riso nero alla messinese




..."La cena invece sarà servita in giardino, fra le palme nane e i gelsomini,sui tavoli coperti di lino, nei servizi cosiddetti "della regina"in bianco e azzurro con l'aquila nera.Il pasto si comporrà di maccheroni" di zitu",triglie rosate,lepri all'agro, cinghiali al cioccolato,tacchini ripieni di ricotta,saraghi affogati,porcelli alla fiamma,riso dolce..."


da "La lunga vita di Marianna Ucrìa"

di Dacia Maraini 


Mi piace pensare che il riso dolce del ricevimento di Villa Ucrìa, organizzato dalla duchessa Marianna, sordomuta,in una Sicilia della prima metà del Settecento,sia proprio questo riso nero.

Forse non tutti sanno che anticamente la Sicilia era una grande produttrice di riso, introdotto dagli Arabi  fin dal 1100. Ma  durante il periodo dell'Unità d'Italia  gran parte delle coltivazioni  furono spostate nel nord Italia, anche grazie alla politica accentratrice di Cavour, fino a subire il colpo decisivo e scomparire del tutto nel ventennio fascista, in un'ottica di bonifica delle zone malsane...

Oggi , alcuni coltivatori  siciliani stanno ricominciando a coltivare riso , ma sono ancora troppo pochi per il fabbisogno della regione. Troviamo il riso, unito allo zafferano, altro prodotto di origine araba, nei classicissimi arancini,e ancora nelle sfingi e nelle ganeffe , ma, a parte queste eccezioni e poche altre, il riso non è mai stato troppo amato sulla tavola del siciliano medio. Un antico detto , recita:"Risu, quantu mi isu", ("Riso, quanto mi alzo"), per indicare la presunta impossibilità del cereale a saziare l'appetito. Fino qualche decennio fa,anzi,il riso in Sicilia era considerato un eventuale sostituto della pasta, come primo piatto, solo in caso di cattiva salute, per la sua nota alta digeribilità.

 La ricetta del Riso nero è presente, con piccole varianti, in tutti i ricettari delle famiglie messinesi, vista la facilità di esecuzione.

Nella zona di Castroreale, Il Riso nero si prepara diversamente, e con una grande quantità di mandorle "turriate"( abbrustolite), tanto da rendere scuro il riso già per il loro colore; c'è poi chi aggiunge canditi, chi omette l'uva passa, chi usa altra frutta secca. 

 Una volta, si preparava soprattutto durante le festività natalizie, fin dall'Immacolata, per qualcuno, o per Santa Lucia, il 13 dicembre, quando per tradizione non si mangiava farina di frumento. Si può annoverare fra le ricette votive, e sembra dedicata alla Madonna nera del Santuario di Tindari, piccola frazione in provincia di Messina. Sembra che la statua della Madonna , di epoca bizantina, fosse stata trovata in mare dai pescatori . Da sempre  meta di pellegrinaggio, il santuario a lei dedicato si trova in un alto promontorio, davanti al mare, e schiere di pellegrini vi si recano da sempre. Ai suoi piedi, una scritta :"Nigra sum , ma formosa"( "Sono nera, ma bella "). La leggenda narra che una pellegrina si fosse protesa troppo dalla rupe con la figlia in braccio, facendo precipitare la neonata . La Madonna avrebbe fatto ritrarre le acque del mare, creando gli attuali laghetti di Marinello,salvando la bambina. C'è chi giura che, guardando dall'alto, si veda perfettamente fra i laghi l'immagine della Madonna con la piccola in braccio.

Per me rimane una ricetta legata ai ricordi, perché la mia nonna paterna , nonna Ina, era solita prepararlo ad ogni occasione di festa, quando il pomeriggio, dopo aver pranzato tutti insieme,ci si accomodava nel "salotto", per ricevere gli amici. Il riso nero non mancava mai:la nonna era solita prepararlo per tempo e sistemarlo nelle"spinlonghe" del servizio buono, per poi riporlo , insieme ad altre leccornie, come la cotognata o la sua ciambella, in quella che tutti chiamavano la "cifrinera": un mobile di legno scuro che era in una stanza fredda da morire... Al momento del servizio, sempre troppo tardi per noi nipoti, lo serviva affettandolo come una torta.

 Io lo assocerò per sempre ad un odore misto di cannella, che lo ricopriva per intero, e di cipria, con cui la nonna era solita spolverarsi il viso, in attesa dei suoi ospiti...







Ingredienti


250 g di riso Originario

250 g di zucchero

100 g di mandorle tostate e tritate (o altra frutta secca)

50 g di cacao amaro

50 g di arancia candita a cubetti

30 g di uvetta passa

50 ml  di Rum

una buccia di arancia

cannella in polvere

un pizzico di sale



Procedimento


Portate a cottura il riso in 500 ml di acqua, con il sale e la buccia di arancia, ad assorbimento: il riso non dovrà essere troppo cotto.  A cottura avvenuta ed acqua assorbita, unite lo zucchero e il cacao, continuando a mescolare ancora per qualche minuto. Completate con l'arancia candita, l'uvetta ( ammollata nel rum e strizzata), le mandorle e la cannella. Versate in piatti da portata o in stampi mono porzione e ponete al fresco. Al momento del servizio, decorate con abbondante cannella e la frutta secca tritata.

Mia nonna lo serviva così, con un bicchierino di Marsala, ma lo vedrei bene anche con del gelato alla crema o alla cannella. 











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